Dobbiamo sempre partire dal presupposto che per la legge abbiamo torto !
In Italia non esistono attenuanti in caso di rissa, ma solo aggravanti; basti considerare che non importa chi ha iniziato: chiunque partecipa ad una disputa, anche se solo per difendersi, ha torto.
E’ quindi necessario comprendere a fondo la legge italiana, che prevede all’articolo 52 del Codice Penale la “Leggittima Difesa”:
“Difesa Legittima: Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.”
Analizzando nel dettaglio il testo dell’articolo comprendiamo che:
Per “necessità di difendere” s’intende la reazione necessaria per difendere un diritto minacciato. In un’eventuale sede di giudizio saranno quindi valutate tutte le cause della minaccia e della inevitabilità della reazione, nonchè della non esistenza di alternative se non quella di reagire. In pratica, si tenterà di capire se chi ha reagito poteva agire in modo diverso o se la sua rezione fosse l’unica possibile; si consideri che viene anche valutato se la persona offesa poteva sottrarsi con la fuga alla minaccia !
Il “diritto” di cui parla l’art. 52 c.p. può essere interpretato come la propria vita, l’incolumità propria o dei propri cari, una proprietà personale, nonché diritti morali come l’onore e la riservatezza.
Per “pericolo attuale” si intende un pericolo, ovvero la probabilità di ricevere un danno, al momento attuale, cioè incombente al momento del fatto, non futuro o già esaurito.
Per “offesa ingiusta” si può intendere un’azione lesiva nei propri confronti, una minaccia o una omissione. L’ingiustizia si verifica quando un’azione è contro l’ordinamento giuridico vigente.
La “proporzionalità tra difesa ed offesa” è intesa come rapporto tra mezzi offensivi e difensivi messi in atto durante lo scontro, ovvero se una persona viene aggredita e colpita al viso con uno schiaffo, l’eventuale reazione deve essere proporzionata al danno subito, ovvero non si può uccidere l’aggressore, in quanto mancherebbe la proporzione tra il male minacciato ed il male inflitto.
Per comprendere ancora meglio valutiamo un caso pratico, supponiamo ad esempio che siete stati aggrediti in un locale per un qualsiasi motivo e siete stati schiaffeggiati; pronti a reagire all’aggressione avete procurato una lesione al braccio del vostro aggressore che, facendosi medicare presso un ospedale, sporge una querela per lesioni personali (cosa purtroppo che capita di sovente: il ladro denuncia il proprietario di casa per essere stato picchiato !).
Al processo, in fase di giudizio, citate l’Articolo 52 del Codice Penale: avete reagito ad un pericolo attuale e reale in maniera proporzionata, quindi avete agito per Legittima Difesa. Il Pubblico Ministero valuterà come prima cosa se avevate o meno la possibilità di evitare la reazione dandovi alla fuga. Secondo la dottrina prevalente questo viene risolto applicando il concetto del “bilanciamento degli interessi”, ovvero il soggetto non è tenuto a fuggire in tutti quei casi in cui la fuga esporrebbe i suoi beni personali (tra cui la vita) o di terzi (fuggire in auto con il rischio di investire qualcuno, o lasciare in pericolo altre persone) a lesioni uguali o superiori alla lesione che provocherebbe all’aggressore difendendosi.
Per quanto riguarda inoltre la proporzionalità tra la difesa e l’offesa la giurisprudenza afferma che questa avviene quando l’aggredito provoca all’aggressore un male minore o tollerabilmente superiore rispetto a quello subito.
Ricapitolando possiamo dire che la Legge Italiana ci dice che non si può uccidere chi tenta di rubarci qualcosa, ma si può reagire duramente solo con chi minaccia volutamente la nostra vita o quella del nostro prossimo.
Si può reagire solo quando non si hanno ragionevoli possibilità di fuga, oppure la fuga sarebbe peggiore del danno per noi o per chi ci sta attorno.
Si può reagire con oggetti contundenti solo se chi ci attacca utilizza oggetti simili.
Ed infine è applicabile la stessa disposizione di legge anche quando interveniamo per difendere i beni di terzi aggrediti, tra i quali la vita.